Il ministero della Bellezza

di Marco Lazzarotto

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L’Italia è una Repubblica callistocratica fondata sulla bellezza.
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La chiamano Callistocrazia, il governo dei più belli. Sembra uno scherzo, all’inizio, ma in poco tempo quella attuata dal neoistituito ministero della Bellezza diventa la più grande riforma della Repubblica italiana: ogni gerarchia – dalla coda al supermercato alle più alte cariche dello Stato – viene stabilita in base a canoni estetici. Per i brutti è l’inizio di un vero e proprio incubo.

Matteo Labrozzo, giovane scrittore emergente che non si è mai preoccupato abbastanza delle sue maniglie dell’amore e della propria calvizie incipiente, vede la sua vita stravolta: l’editore che aveva creduto in lui rifiuta il suo nuovo romanzo; il rapporto con la fidanzata Lisa s’incrina; il centro storico della sua città gli è precluso, a meno che non indossi in testa un elegante sacchetto per il pane; ovunque vada, individui in camicia bianca lo perseguitano per il suo abbigliamento poco curato.

Matteo però non intende soccombere e, a modo suo, cercherà di resistere alla patinata dittatura della bellezza.

Pagine: 239
Formato cartaceo: 15 x 21 cm
Formato ebook: epub senza DRM
Uscita: settembre 2021
Isbn cartaceo: 9788831260121
Isbn ebook: 9788831260138

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Marco Lazzarotto

Marco Lazzarotto

autore di Il ministero della Bellezza

Marco Lazzarotto è nato nel 1979 a Torino. Ha pubblicato diversi manuali di scrittura e i romanzi “Le mie cose” (Instar, 2008), “Il ministero della Bellezza” (Indiana, 2013), riproposto da Las Vegas edizioni in un’edizione riveduta e corretta, e “A cosa stai pensando” (Miraggi, 2019).

Primo capitolo

Prologo

L’ascesa politica di Dominic Ardemagni è una di quelle storie in cui un talento riconosciuto incontra le persone giuste al momento giusto.

Il neoministro era stato uno dei parrucchieri più richiesti d’Italia; aveva tagliato i capelli a star del cinema e della televisione, a calciatori, politici e intellettuali; due tagli su tre di quelli che si vedevano in giro li aveva ideati lui. Alla domanda su quale fosse il suo orientamento politico aveva risposto: “Destra o sinistra, sopra o sotto, per me sono tutti uguali”, si era fatto una risata e aveva continuato: “Non sono queste le cose che mi interessano. Corto o lungo? Riccio o liscio? Biondo o scuro? Ecco cos’è importante. E adesso vi dico: io sto con il lungo, riccio e biondo”.

Quello che continuavo a chiedermi era se fosse corretto parlare di “talento”, nel caso di Ardemagni. Cioè, era davvero un genio nell’arte del tagliare i capelli o era considerato tale perché era cieco?

Su YouTube decine di video lo riprendevano in azione. Era impressionante, saranno stati quegli occhiali a specchio da cyborg. Passava la mano sui capelli del cliente, li sfiorava, sembrava addirittura che non li toccasse, che li sorvolasse soltanto, quasi a captarne le vibrazioni, l’intimo desiderio della massa di essere tagliata a una certa lunghezza e acconciata in un certo modo; si avvicinava con l’orecchio, e li ascoltava, come se stesse cercando di sentire le loro preghiere. Poi partiva con le forbici, tagli netti e spietati qua e là, apparentemente a casaccio, dopodiché via a sforbiciare velocemente, seguendo un percorso sulla testa che soltanto lui vedeva. Davvero impressionante – detto questo, quanto del mio giudizio era inficiato dal suo handicap?

È da lì che comincia tutto: qualcuno – forse un cliente in attesa – filma col telefonino Domenico Ardemagni mentre lavora nella sua minuscola bottega di Rivarolo, e condivide il video, intitolandolo “Il più grande parrucchiere del mondo”; poi, alcuni quotidiani nazionali mettono un link al video nelle rispettive sezioni multimedia, accompagnandolo con frasi tipo: “Il parrucchiere non vedente fa il giro di Internet”, o “Boom di clic su YouTube per il parrucchiere ipovedente”, o “Il popolo del web impazzisce per il parrucchiere disabile”. Nasce il fenomeno. Poi Tiziana Leonetti lo vuole per il suo prestigioso Terrazzino, lo trasforma in “Dominic” per esigenze televisive, e la sua vicenda viene resa nota a milioni di spettatori. La Leonetti lo vuole di nuovo in trasmissione due mesi dopo, insieme, tra gli altri, a Gioele Maietta. Tra una battuta e uno scherzo, la Leonetti convince Ardemagni a tagliare i capelli al giovane politico in diretta, ed è una svolta: Maietta, noto per la capigliatura unta e arruffata, e anche per gli occhi da salumiere pazzo, diventa nel giro di cinque minuti un’altra persona. Il suo sguardo ora è ammaliatore, le sue parole suonano affidabili, i suoi silenzi sono rassicuranti, e nella sorpresa generale trionferà nel confronto televisivo con gli altri candidati alle primarie. Ardemagni viene corteggiato da politici, imprenditori, produttori televisivi, ma anche da intellettuali, docenti universitari, uomini di Chiesa. Lascia la natia Rivarolo per Roma, dove apre una scuola per parrucchieri e un supercentro di bellezza, il primo di una catena che avrà decine di sedi in tutta Italia.

La svolta arriva sui social. Qualcuno crea il gruppo “Dominic Ardemagni Forpresiden”, ipotizzando in maniera del tutto scherzosa la sua candidatura politica. È un gruppo aperto, dove si prende in giro, con molto affetto, il parrucchiere non vedente di Rivarolo per l’italiano sgrammaticato, la passione per la Juventus e la scarsa conoscenza della storia d’Italia. Ci mette poco il gruppo ad allargarsi a tre milioni di persone. Poi, da un giorno all’altro, non si sa se per mano di un hacker o per volontà dello stesso Ardemagni, il gruppo diventa serio. “Dominic Ardemagni Forpresiden” ora è il nome di un partito politico. Non è mai stato chiaro se Ardemagni lo avesse pensato prima, o si fosse convinto dopo, di fronte ai tre milioni di “mi piace”, fatto sta che alle successive elezioni è terzo. Pochi giorni dopo la formazione del nuovo governo, viene aggiunto un nuovo ministero, quello della Bellezza, affidato ad Ardemagni. Più che un riconoscimento politico sembra un contentino, ma lui afferma di “vedere” la fine della crisi economica. Nessuno, né al Consiglio dei ministri, né in Parlamento, né al Senato osa dirgli qualcosa.

Quello in cui Dominic Ardemagni assunse l’incarico – la sede del nuovo ministero sarebbe stata in Versilia, in una discoteca con affaccio sul mare, il Twisterella – fu l’ultimo giorno grigio di febbraio, dopodiché il cielo assunse lo stesso azzurro uniforme di un fondale per il chroma key e rimase così per mesi – in tutta Italia. Il neoministro non si fece scappare l’occasione, e se ne assunse il merito. L’avrebbero chiamata “la lunga estate della Callistocrazia”.