Giorgio Pirazzini
Autore di I cattivi pensieri
Giorgio Pirazzini è nato nel 1977 a Faenza (RA). Ha pubblicato “Un unicorno ti trafiggerà” (Freaks, 2011), “9 notti a Parigi” (Miraggi, 2011) e “La notte raccolgo fiori di carne” (Las Vegas edizioni, 2011), “I cattivi pensieri” (Las Vegas edizioni, 2013), “Gattoterapia” (Baldini&Castoldi, 2016).
Primo capitolo
1. Nemmeno uno spazzolino in valigia
Venerdì sera
L’ho sognato di nuovo. Ogni notte mi capita. Non ci sono vampiri né licantropi, sono uomini, ma più affamati dei mostri. Ieri notte hanno catturato una coppia. Ero nella macchina dietro e li guardavo mentre si fermavano per chiedere informazioni: lui era un ragazzo alto con una felpa americana blu, lei una biondina minuta con i capelli raccolti e le calze a strisce colorate. Due uomini saltavano fuori dalla macchina, li narcotizzavano con il cloroformio, prima lui per evitare che reagisse, poi lei, prima che scappasse. Li caricavano in macchina e verso le due, quando persino le strade di Praga
sono deserte li portavano a casa loro, dove le loro grida, se avessero avuto ancora fiato, non avrebbero richiamato nessuno. E qui cominciavano, di nuovo.
Mentre sono narcotizzati li incastrano in una posizione innaturale dentro una valigia, al buio. Gli piegano le ginocchia fino a che i talloni spingono contro le natiche, gli piegano il busto fino a quando la fronte tocca le ginocchia e incastrano le braccia come viene, li imbavagliano con del nastro adesivo e poi li mettono dentro una valigia, appena della misura per raccogliere la loro posizione fetale. La chiudono e fanno qualche buco perché passi l’aria e all’altezza degli occhi, per poterli guardare dentro mentre soffrono e hanno paura.
Dentro la valigia non possono muoversi, rimangono in quella posizione per ore, giorni, prima che il loro sistema nervoso e il cuore si arrendano. Li piegano come contorsionisti improvvisati e li lasciano morire di stenti e di dolore.
L’uomo è stato particolarmente rigido da piegare, è probabile che gli abbiano rotto delle ossa nel procedimento. Il fine ultimo è quello di lasciarli morire di dolore e di paura, quindi non si preoccupano di come li incastrano. La donna, invece, è entrata splendidamente, come se i suoi legamenti fossero stati benedetti da un infanzia di danza classica. Quelli che entrano così bene sono anche quelli che restano di più in vita e soffrono più a lungo. Talmente a lungo che persino i torturatori si stancano e li mettono in un angolo a biascicare gli ultimi lamenti.
Possono durare anche giorni con le ossa strette, le ginocchia piegate e il collo stirato in quell’amplificatore di dolore. Ho letto dei Marines americani che torturano i prigionieri in Iraq. Quelli non l’hanno mai vista una tortura vera.
Io scrivo. Mi hanno rapito per scrivere di loro, per dare un alone di magia letteraria alle loro avventure. Vogliono una cosa alla Hemingway e quando hanno parlato di Hemingway io sono impallidito perché ho paura che saranno delusi. Vogliono che i lettori di domani sentano il fruscio dei loro mantelli, dicono. Vogliono che metta su carta gli ultimi lamenti. Occorre condividere le loro avventure.