Nero finale

di Giuse Alemanno

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I cimiteri sono pieni di illusi
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Nella terra in cui comanda la ’ndrangheta arrivano i Sarmenta, portandosi appresso la loro riconosciuta e devastante determinazione criminale.

Uno, Santo, è un medico; l’altro, Massimo, è un sanguinario fuorilegge. Santo è stato mandato dal dottor Barrese (capo della ’ndrangheta e referente nazionale della sanità privata) a sanare una clinica a Sant’Agata sullo Jonio. Massimo, invece, vuole portare a termine la vendetta che lo ossessiona.

Ma il dottor Barrese ha altri progetti per i due Sarmenta, progetti che rivoluzioneranno l’essenza stessa della ’ndrangheta, pronta a rinnovarsi pur restando legata ai suoi riti arcaici.

La realizzazione di tali progetti costerà però fiumi di sangue, decine di morti ammazzati e qualche lampo di gelida ironia, così come Alemanno ha abituato i suoi lettori.

Pagine: 264
Formato cartaceo: 15 x 21
Formato ebook: epub senza DRM
Uscita: maggio 2022
Isbn cartaceo: 9788831260169
Isbn ebook: 9788831260176

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Giuse Alemanno

Giuse Alemanno

autore di Nero finale

Giuse Alemanno è nato nel 1962 a Copertino (LE) e vive tra Taranto, Martina Franca e Manduria. Ha pubblicato diversi libri, tra cui il romanzo “Terra Nera” (Stampa Alternativa, 2005), i due romanzi su Don Fefé e Ciccillo, due testi sull’Ilva di Taranto. “Come belve feroci” è il primo capitolo della saga dei Sarmenta, a cui fanno seguito “Mattanza” (Las Vegas edizioni, 2019) e “Nero finale” (Las Vegas edizioni, 2022).

Primo capitolo

Prologo

Io mi chiamo Massimo Sarmenta e uccido le persone.
È l’unica cosa che so fare bene. Saprei essere letale anche oggi che compio ottantanove anni e mi godo la vita che rimane, immerso nella pace selvaggia dell’isola di Dino, di fronte a Praia a Mare, in Calabria. Mio nipote Vittorio è venuto a trovarmi per gli auguri al cottage a strapiombo sul Tirreno in cui vivo, che mi fu donato dal professor Ciro Barrese in segno di riconoscenza. Mi disse che l’aveva acquistato da Gianni Agnelli e dal commendator Bottani: dovevano farci non so quale insediamento turistico che non fu realizzato mai. Cose di Calabria. Vittorio mi ha portato una guantiera dei dolci tradizionali di Oppido Messapico. Buoni. Poi, con pazienza, si è messo ad ascoltare vecchie storie. Alcune riguardano suo padre, Santo.
Era forte il “Dottore”!
A Vittorio, però, racconto solo cose piacevoli; non potevo certo rivelargli che suo padre, una volta, aveva spaccato un piede alla figlia di Costantino Ròchira con una vezzosa statuetta di marmo e poi le aveva sparato in testa o che si era scopato a terremoto – per mesi! – Suor Aurelia, una monaca prisacchiona della Val Camonica.
Cose passate.
Solo che Santo è morto, maledizione, l’unica persona al mondo di cui sento la mancanza. Se n’è andato una decina di anni fa: un cancro di merda. Quando mi accorsi che stava male, glielo manifestai.
“Oh! Ma che cazzo hai?”
“Niente.”
“Come ‘niente’? Ma non ti vedi? Sei magro da far paura! Non stai in piedi! Tu hai bisogno di cure!”

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