Tenebre

di Elia Gonella

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Pensò che la notte era un oceano, brulicante di vita e disseminato di scheletri, perché nel buio era facile affogare e perdere la rotta.
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Notte. Tornata in città per seppellire il padre, una ragazza trova il suo appartamento infestato da presenze più oscure dei cattivi ricordi. Un uomo rivede un amico d’infanzia e scopre che entrambi sono ancora rinchiusi nello stesso labirinto. Un bambino sogna di incontrare il suo idolo, un campione di boxe, fino a quando il buio gli rivela la sua vera natura. Ai confini della periferia, sette torri di cemento – ciò che resta di un futuro fatiscente – stanno per conoscere il tritolo.
Nell’ora più nera escono allo scoperto scarafaggi dalla corazza lucida, l’occhio di una civetta prigioniera, le zanne di un cane randagio. Nel buio brillano i tasti di un clarinetto mai suonato, la lama di un pugnale, giocattolo per bambini crudeli. Basta un piccolo bagliore, e le tenebre della memoria si squarciano. Ne escono sussurri e grida, tutti gli addii mai pronunciati, i lamenti degli amori spezzati, degli amici rinnegati.
Dieci storie ambientate nel cuore della notte, dieci personaggi soli davanti alle loro paure più profonde.

Pagine: 128
Formato cartaceo: 15 x 21
Formato ebook: epub senza DRM
Uscita: maggio 2018
Isbn cartaceo: 9788895744469
Isbn ebook: 9788895744551

Elia Gonella

Elia Gonella

Autore di Tenebre

Elia Gonella è nato nel 1987 ad Arzignano (VI), vive a Milano, e ha pubblicato (col suo nome e con lo pseudonimo Hector Luis Belial) i romanzi “Saxophone Street Blues” (Las Vegas edizioni, 2008), “Making Movies” (Las Vegas edizioni, 2009), ora riproposto in una nuova edizione, “Alla corte del Re Cremisi” (Las Vegas edizioni, 2011), “Tenebre” (Las Vegas edizioni, 2018). Lavora come sceneggiatore per il cinema e la televisione.

Primo capitolo

L’ospite

All’ospedale le dissero che aveva dormito per sette ore, che durante l’intervento non c’erano state complicazioni. Per la ragazza l’emicrania era svanita, il suo odorato funzionava di nuovo: poteva distinguere l’aroma artificiale dei detergenti, il profumo fuori moda da signora. Sua madre e il medico, uno in bianco e l’altra in nero, erano pezzi degli scacchi al suo capezzale, pedine di una partita che si era giocata in sua assenza. La guardavano dall’alto al basso trattenendo il fiato, come se fossero loro ad aspettarsi una spiegazione. Lei cercò qualcosa di sensato da dire, ma alla fine dalle sue labbra uscì solo un sussurro.
«Perché sono qui?»

La notte prima, il dolore le era penetrato nella testa come un corpo estraneo, insinuandosi sotto la pelle, tra le pareti della scatola cranica, fino alla base della fronte. Lì, prigioniero, aveva preso ad agitarsi, ad affondare le zanne nere nel cervello. Si era svegliata con un urlo nell’appartamento dove non dormiva da tredici anni.
Nell’afa, nel buio, tentò di riprendere fiato, si prese la testa tra le mani. L’incubo si era dissolto ma, poco sopra l’occhio destro, il male continuava a pulsare. Si alzò dal divano-letto, barcollò tra i sacchi enormi d’immondizia e i dipinti voltati contro le pareti. Metà della stanza era una veranda, solo una gabbia di metallo e lastre di vetro così polverose che a stento lasciavano passare i bagliori della città.
L’acqua del lavandino sapeva di ferro e sembrava non diventare mai fresca. Mentre si lavava i polsi e la fronte, la ragazza si accorse di sanguinare dal naso. Sentiva nelle narici qualcosa di distinto, persistente: il profumo viola delle iris. Ma in quella casa non c’erano fiori, non ce n’erano stati da secoli. Il dolore era così forte da renderla sorda; non sentì i passi di centinaia di zampe, non si accorse che, a terra, gli scarafaggi la circondavano di nuovo.